Rossano: aborto terapeutico ma il feto sopravvive


Nella mattinata di sabato scorso una donna s'è recata presso l’ospedale “Nicola Giannettasio” di Rossano al fine di sottoporsi ad un intervento, già concordato, per interrompere la prima gravidanza alla ventiduesima settimana di gestazione.

Un aborto terapeutico, dunque, richiesto dalla madre a causa di una grave malformazione del proprio nascituro.

Praticato l'intervento, il corpicino (pare un maschietto) è stato riposto in un locale nei pressi della sala parto e da quel momento nessuno se ne sarebbe più curato.

Ma ieri mattina, a distanza d’un giorno dunque, il cappellano dell'ospedale s’è recato in quel locale per pregare su quel feto abortito volontariamente.

Una volta avvicinatosi ha scoperto che il feto era ancora vivo.
Da qui l'allarme. Il piccolo è stato subito trasferito nel reparto di Neonatologia dell'ospedale dell'"Annunziata" di Cosenza, dove adesso è ricoverato con poche speranze.

La Legge n. 194 del 1978 prevede l'assistenza e l'intervento dei sanitari nel caso in cui, a seguito d’un aborto, il feto presenti attività vitali.

Ma in questo caso, dopo essere stato "espulso" e lasciato in quel locale nei pressi della sala parto, nessuno, a quanto pare, avrebbe monitorato quell’effettivo decesso che non è mai avvenuto.

Sulla vicenda indagano i poliziotti del Commissariato di Rossano, che hanno subito acquisito la cartella clinica relativa all'intervento d’interruzione della gravidanza e proceduto a convocare le persone informate sui fatti al fine di ascoltarle prima di inviare l’informativa alla Procura che dovrebbe dare avvio all’apertura d’un fascicolo d’inchiesta.

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